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Downshifting e il significato di vivere bene con poco

 

 

Nell’attuale società capitalista, la filosofia che più di tutte ha conquistato le vite della grande maggioranza di tutti noi è quella dell’accumulo, del lavoro intenso, del “vivo per lavorare e lavoro per vivere“, attendendo di potersi godere gli anni della vecchiaia con i frutti di ciò che si è fatto in quelli passati.

Una filosofia stantia, distruttiva sia in termini fisici che psicologici, adatta a chi ha l’instancabile bisogno di avere successo in un mercato che spinge alla competitività individuale in qualsiasi cosa, dove gli oggetti sono status symbol e dove lo status symbol è ciò che ci rende felici.

In mezzo tutto questo, il pensiero del “downshifting” si è fatto strada negli ultimi 25 anni. Una boccata d’aria fresca in mezzo a un contrito modo di spendere i propri giorni.

 
 
Cos’è il Downshifting

Downshifting, detto anche “semplicità volontaria” è un termine coniato nel 1994 dal Trends Research Institute di New York. Per chi c’era, sicuramente ricorderà come gli anni ’90, così come gli anni ’80, abbiano significato per le vite di molti l’introduzione di modelli di lavoro estenuanti, di una filosofia capitalista e accumulatrice dove l’unico obiettivo era avere abbastanza per consumare, per potersi permettere “i vizi”, per poter soddisfare le proprie esigenze e dove, possibilmente, l’acquisto d’impulso era visto come un cliché divertente e non come un problema da cui stare lontani.

In quegli anni, quindi, nasce la controcorrente del Downshifting: letteralmente ridurre il ritmo, scalare una marcia (Shift down, letteralmente scalare la marcia) e procedere nella vita in maniera più “lenta”. Non solo in sensi di ridurre il lavoro, la fatica e godersi di più le giornate, ma anche adottare uno stile di vita appunto più “slow“: slow food, slow thinking, slow doing… per chi avesse mai sentito parlare di alcuni di questi concetti, il downshifting li accorpa tutti in sé.

Tramite una serie di scelte, del tutto volontarie, il concetto del rallentare è pensato per portare a beneficiare di più dei momenti singoli, dell’affaticarsi meno, dell’essere meno stressati e poter riscoprire altri modi di vivere, con l’unico “sacrificio” del perseguire una vita più semplice, meno consumistica, con sicuramente meno disponibilità economica per correre dietro a tutte quelle dinamiche che il marketing sempre più aggressivo cerca di “ridicolizzare”, sminuendone la gravità: acquisto d’impulso, collezionismo e shopping compulsivi, costante “showoff” degli status symbol e altri rituali consumistici ancora che, alla fine dei conti, altro non sono che carote per l’asino che deve lavorare.

 
 
Come si segue il Downshifting

Per perseguire uno stile di vita più sano, meno intenso, più volto a godere dei momenti liberi, del risparmiare le forze, dell’essere più gratificante in termini umani a discapito di offrire meno retribuzione e meno potere d’acquisto è necessario seguiate qualche suggerimento.

Il lavoro diventa un accessorio di giornate vissute all’insegna del benessere, dei rapporti umani e di tutta una serie di scelte adottabili per rallentare e ritrovarsi a vivere il presente, invece che pensare il solito “poi avrò la vecchiaia per rilassarmi”. Se siete totalmente nuovi al concetto di vivere il presente e non costruire costantemente un futuro lontano, ricercando nell’oggi la vita rimandata al domani, basta adottare alcune pratiche.

I consigli da seguire sono tanti, ma si possono riassumere alcuni essenziali che caratterizzano fortemente la corrente del downshifting:

  • Faticare meno e gratificarsi di più: passeggiate, esplorare posti nuovi, concedersi del riposo, stare con i propri affetti… meno fatica che equivale a più energia da spendere in altre attività, magari emotivamente intense. Il denaro al secondo posto rispetto affetti e tempo libero.
  • Un’alimentazione sana: la scelta dello slow food. Magari coltivare un piccolo orto, o mangiare cibi a km zero e di stagione. Alcuni arrivano addirittura a consigliare di allevare un animale da cortile, tutto per perseguire una filosofia più “ascetica”, una riduzione delle esigenze, un vivere bene con poco e rinunciare al superfluo. Tutto interconnesso al cibo e allo stile di vita.
  • Fare attività creative, passeggiare, esplorare, scegliere i viaggi low cost e in generale, sempre, preferire la scelta più lenta e l’azione meno istantanea, rispetto la freneticità, l’impulso a cui spinge l’attuale mondo lavorativo e sociale.
  • Seguire una filosofia ecosostenibile: preferire la bici all’auto, limitare gli sprechi, aggiustare le cose invece che comprarle di nuove e riciclare. Ogni scelta tendente all’ “eco” è parte integrante del vivere meglio, con meno, imparando l’arte dell’adattamento.

Alcuni di questi punti non sono certamente i più semplici da seguire, specie in certi ambiti lavorativi. Uno dei punti cardine del downshifting è quello di riuscire a stabilirsi una propria attività, un qualcosa dove poter gestire i propri orari di lavoro e poter quindi scegliere quando dedicarsi al lavorare e produrre guadagno, rispetto al, appunto, vivere i momenti di relax e di “vita vera”.

Non importa più neanche tanto l’ambito lavorativo, quanto il fatto di poter essere liberi professionisti, padroni delle proprie scelte e senza troppi vincoli in termini di luogo lavorativo.

 
 
In conclusione

Il downshifting altro non è che una versione moderna del vivere in maniera più semplice, perseguito da diverse religioni e filosofie che prevedono appunto un’andare in controtendenza ai modelli consumisti di società. Si potrebbero fare tanti esempi, dal buddhismo all’ascetismo cristiano o l’ascetismo dei monaci shintoisti e gli eremiti tibetani e molte altre situazioni dove il downshifting veniva perseguito a estremi più o meno estesi e veniva chiamato in altri modi.

Ciò che non è mai cambiato, del vivere in maniera più semplice, nonostante gli scopi venissero perseguiti magari con ragioni derivanti dalla religione e dalla fede, è quella di riuscire a vivere più intimamente i momenti, del rinunciare alla dissociazione emotiva attuata dalla routine frenetica e debilitante, quella che vede ritmi serrati di lavoro e ritagli di tempo, mozzichi per la vita al di fuori degli ambiti professionali.

Perseguire, ad oggi, il downshifting è una sfida non solo con sé stessi, ma anche con un ambiente circostante sempre più aggressivo e sempre più contaminato dalla costante ricerca di accumulo e di benessere materiale, di agiatezza economica e disagio psicofisico.

Vivere in maniera più “slow” non è soltanto un modo per vivere meglio, ma è anche un gesto sociale potente, chiaro e preciso: rifiutare i modelli propinati come unici e riappropriarsi della capacità di scegliere del proprio tempo e delle proprie forze.